Uno dei concetti che sento più parlare nel mondo del vino è il “terroir”, tra l’altro una delle cose più belle da sentire. Lo story telling che si è sviluppato attorno a questo immaginario ha dell’incredibile e ogni volta rimango a bocca aperta, e quasi con gli occhi pieni di luce, come un bambino che ascolta una favola ricca di incantesimi, magie, castelli, principesse e cavalieri.
Ma è quando sento dire che “… in questo bicchiere si sente il territorio…” il disco si ferma e mi viene subito da pensare. Cosa ci sente? Quali sono le caratteristiche distintive che hanno fatto riconoscere quel territorio?
Un vino riesce sul serio a portare dentro la sua bevuta tutti i gusti e i profumi di quello specifico territorio? Qual è il confine tra un vino del territorio e un vino espressione della totale ricerca e volontà di un produttore?
Eliminiamo dal discorso tutti quei vini che rispondono puramente ad una idea di vino dove gli aspetti fruttati o con qualche sentore di legno e parte alcolica, la fanno da padrone (e che diamine!! A volte si vuole bere solo qualche bicchiere alcolico che rimandi ad un’idea di vino, anche giusto per avere un sorriso stampato in viso).
Credo che ci siano dei vini che nascono in campagna e dei vini che nascono in cantina. Molti produttori oggi stanno (e molti lo hanno sempre fatto), tornando a lavorare la propria vigna per arrivare attraverso il frutto a racchiudere tutto il proprio mondo espressivo. Un lavoro dove si possa tornare realmente a parlare di frutto, suolo, clima e territorio! In questi vini sembra di “assaggiare un’istantanea”, come in una foto di una polaroid, e riuscire a percepire anche cosa sia successo in quella particolare annata… e ciò ha dell’incredibile.
Ma quando non conosciamo i vari ritocchi che sono stati fatti in cantina (e mai li sapremo) come facciamo a sentire il “territorio”? Una spiccata acidità… cosa diventa? Espressione di una particolare maturazione o annata oppure un quantitativo aggiuntivo di acido citrico? Aspetti erbacei non peculiari di un uvaggio sono effetti magici di un territorio oppure di una piccola percentuale di cabernet che non viene percepita e dichiarata? Potrei continuare per ore…
La mia vera domanda di è… noi degustatori, a prescindere dai vari livelli culturali ed esperienziali che sono in noi, siamo veramente in grado attraverso la degustazione di sentire un territorio? Oppure possiamo continuare lo story telling delle varie cose che abbiamo letto prima di assaggiare un vino, senza ascoltare minimamente il vino che abbiamo davanti? In quali vini è possibile parlare realmente di territorio?
A volte parliamo di un territorio che non esiste; attraverso lo story telling stiamo creando un meta-terroir onirico staccato totalmente dalla realtà.