Due mondi a confronto: biodinamica e industria del vino in Trentino Alto Adige.

IMG-20160102-WA0016Come trasformare un semplice week end in Trentino Alto Adige in un approfondimento sul vino? Semplice: organizzare il tragitto con dei pit-stop adeguati e scegliere con intelligenza i vini di accompagnamento a pranzi, aperitivi e cene.
Pronti partenza e via! Verona nord destinazione Cantine Ferrari! In meno di un’ora siamo sul posto, entriamo in cantina e subito a colpire è la parte scenografica e gli ampi spazi atti ad accogliere gli enoturisti il tutto tappezzato dalle foto dei vip con la presenza delle bottiglie, una sorta di instagram vivente! Questo fa subito immaginare come la cantina voglia posizionarsi nel pubblico e che tipologia di importanza vuole dare al proprio prodotto. Ferrari tramite l’iconografia presente vuole dare prestigio al proprio vino posizionandolo tra i vip e le feste più esclusive, una concezione forse un po’ antiquata di pubblicità ma di sicuro effetto per il consumatore medio che spesso associa la presenza specifica a determinati ambienti con qualità intrinseca di prodotto. Parlando con la receptionist decidiamo comunque di partecipare alla visita guidata in partenza perché una cantina del genere non si può perdere, infatti la visita guidata non delude. Un video introduttivo degno di Hollywood è l’incipit della visita e racconta in modo molto emozionale la storia dal sig. Ferrari , fondatore, alla famiglia Lunelli attraverso la ricerca della qualità di prodotto e la conquista di quote di mercato.IMG-20160102-WA0014 La visita prosegue in modo perfetto attraverso tutte le stanze della cantina organizzate sapientemente per fare da didattica ai vari processi che caratterizzano il metodo classico. Complimenti alla nostra guida perché con chiarezza e fascino riesce a descrivere tutti i passaggi di produzione di questo metodo, ovviamente aiutata da un percorso degno di un vero museo. La sala di sboccatura e tappatura chiude il giro e apre finalmente al momento della degustazione. Purtroppo non abbiamo potuto scegliere i vini da degustare perché aggiunti ad un gruppo prenotato, ma alle bollicine non ci si può sottrarre e… quindi degustiamo la linea dedicata alla ristorazione. Questa linea la si riconosce per il nome specifico “Maximum”, costituita dal brut base e dal rosè. La degustazione è per il visitatore il momento culmine di un viaggio guidato all’interno della cantina dove traduce tutte le sue aspettative in sensazioni date dall’incontro con il vino: il vero risultato di tutta la produzione e dell’aspetto scenografico. E purtroppo in questo caso a deludere è tutto l’insieme. Con i bicchieri in plastica per l’acqua, ciotole con patatine (si ho detto patatine!) e un grissino a testa l’aperitivo in stile bar-tabaccheria si può definire iniziato. Due parole per identificare il vino e il gruppo viene abbandonato a se stesso in modo da non farlo sentire in colpa dopo aver spazzolato tutte le patatine. I vini sicuramente colpiscono per la loro freschezza e per la bollicina grossolana quasi da acqua gasata, il retrogusto amarognolo è presente anche nel rosè. Prodotti base sicuramente ma ben lontani dall’eleganza del Perlè (di cui sono un vero fan) o del Giulio Ferrari che rappresenta una delle eccellenze italiane del comparto. Paghiamo i nostri 18€ a testa (prezzo superiore al costo della bottiglia) per visita e due assaggi e lasciamo delusi la cantina che tanto ci aveva affascinato alla visita guidata.

Un po’ rammaricati discutiamo nel parcheggio della visita e decidiamo che non possiamo arrivare a destinazione senza aver visitato un’altra cantina. Pensa, pensa e pensa… e un nome tra tutti spicca, è proprio per strada… quindi bisogna per forza passarci! L’organizzazione, le telefonate e i gruppi di turisti ci avevano portato male per cui questa volta decidiamo di fare una visita avventura… ossia partire, arrivare, e bussare alle porte di questa cantina come fossimo dei pellegrini, ovviamente sperando di non essere cacciati.IMG-20160102-WA0012 È la volta di Patrick Uccelli della Tenuta Ansitz Dornach, dopo qualche indicazione stradale a Salorno, arriviamo al castello della tenuta. Un po’ timorosi e dopo aver preso coraggio suoniamo al campanello e chiediamo se Patrick è in casa… Forse impietosito dalla nostra voce tremolante nel chiedere se potevamo conoscerlo o semplicemente per educazione ci risponde che tra qualche minuto sarebbe stato da noi. Ci accoglie un viso solare e sorridente e piano piano inizia a presentaci la zona circostante di produzione compresa di spiegazione di terreni, esposizione solare e storia. Bastano due minuti per capire di avere di fronte una persona molto preparata e con un credo suo con il quale ci convive. È un produttore biodinamico non solo in campagna ma anche nella sua vita. Questa particolare coltura non è solo una scelta commerciale ma un adeguamento alla propria persona. Non possiamo far altro che rimanere affascinati ascoltando le sue parole tra i suoi vigneti e il suo cane molto attento a controllare le sue capre che pascolano nella proprietà. Terra, piante, animali e uomo tutti integranti in un unico sistema dove il vino non è altro che il risultato di un processo molto attento e severo nel pieno rispetto della sua “personalità”. Ci racconta quindi come i suoi vini debbano essere l’espressione del suo lavoro, della sua persona e del territorio/vigna dal quale nasce. Infreddoliti, il sole ormai è ben nascosto dalle montagne, finalmente scendiamo in cantina dove tra botti, tini in acciaio e una grande anfora in mezzo alla sala iniziamo la degustazione dei due suoi vini presenti: un pinot nero e un pinot bianco. Ciò che colpisce dai suoi vini è come il tutto riesca a stare in armonia senza nulla togliere a nessuno: il frutto esce nel pieno della sua massima espressione di naturalezza e fragranza insieme ad un bouquet elegante e complesso e il legno che lo affina è leggero, e in punta di piedi completa quella che è un’eleganza incredibile, un’eleganza molto ricercata dallo stesso produttore. Ma… e c’è anche qui un ma… diverso dalla precedente cantina… la degustazione è il momento del racconto di come parte della vendemmia del 2015 sia stata boicottata. Nei cassoni sono stati buttati litri di benzina che hanno compromesso le uve e una buona parte è stata buttata. Il suo rammarico nel raccontarcelo fa spazio poco dopo alla gioia del mostrarci come molte persone abbiano, per solidarietà, contribuendo con offerte alla copertura di gran parte del danno subito. Dopo aver preso qualche bottiglia lasciamo la cantina appassionati più che mai. Grazie a Patrick e alle sue storie oggi abbiamo visto ancora qualche sfumatura di un mondo che non finirà mai di stupirci.

Inizia a farsi buio e dopo i saluti ripartiamo con Vipiteno come ultima meta di oggi. Ora bisogna solo terminare la giornata nel migliore dei modi… e come da manuale le nostre guide scelgono per noi un maso sperduto nei monti dove si accede solo dopo una lunga passeggiata con un ritorno però molto divertente in slittino (se c’è neve!). Vista mozzafiato sulla vallata illuminata dalle piccole case, pini innevati, un maso interamente in legno, ospitalità quasi familiare sono la cornice della nostra cena con piatti tipici (gulash di cervo, canederli, tagliere di formaggi e speck, patate uova speck tutti rigorosamente di produzione propria) e di un vino che ci ha colpiti per la sua potenza. Un lagrein impenetrabile al colore e un’intensità di frutti di bosco mai sentita sono il corollario di un’intensità gustativa impressionante per la sua pulizia e freschezza. Un vitigno che esprime le caratteristiche dell’Alto Adige in un solo sorso.
20160103_151919 20160103_151841Il giorno seguente ce la siamo presa comoda per gustarci un po’ la neve e la vita da paese con il suoi negozi, mercatini e profumi dello street food tipico tirolese… una poesia da annusare al freddo secco di montagna. Ma le nostre guide non si sono assopite e energicamente ci portano in un piccolo paese chiamato Ridanna per pranzare in un ristorante dove la ricercatezza della materia prima e dei piatti tipici la fa da padrone (zum Pfischer). Per questa occasione scegliamo di bere un grande bianco della zona, un kerner (un bianco potente sia la naso che in bocca con una sapidità e freschezza incredibile dalla persistenza paragonabile ad un grade rosso), e un metodo classico rosè suggerito da tutto il personale per la raffinatezza e la piacevolezza della bevuta e… ovviamente non abbiamo sbagliato un colpo.Un pranzo che difficilmente dimenticherò.
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Una passeggiata nella pista da fondo e una visita solo da fuori alla famosa miniera di Masseria (purtroppo chiusa per la stagione) sono stati il coronamento di un week end intenso e meraviglioso!

È ora di partire per tornare e casa, ma prima non possiamo far altro che ringraziare le nostre guide M&F che oltre ad  averci ospitato ci hanno fatto scoprire un pezzetto dell’Alto Adige che non conoscevamo. Grazie di cuore!