POJER E SANDRI: UNA “NATURALE” RIVOLUZIONE

IMG_20160213_114509Dal momento che ogni occasione è buona per prendere la macchina, o l’aereo, o il treno, o qualsiasi cosa mi permetta di viaggiare e vedere posti nuovi e, guarda caso, si stava avvicinando il weekend di San Valentino, le scusanti per un fine settimana fuori porta c’erano tutte, quindi ho ben pensato di prenotare un paio di giorni tra le montagne del Trentino Alto Adige.
Per la precisione io e mio marito ci siamo regalati un weekend a Fondo, nella splendida e leggermente innevata Val di Non.
Detto ciò, chiunque mi conosca sa bene che per quanto ami e apprezzi la natura, le passeggiate salutistiche e il relax che solo la montagna sa regalare, sa anche che il mio spirito di boy scout ha un limite e di sicuro non posso esimermi dal visitare una cantina vinicola locale, soprattutto se si tratta di un’eccellenza italiana.
La cantina in questione è Pojer e Sandri in località Faedo, una zona collinare tra la Val d’Adige e la Val di Cembra, accarazzeta dal vento proveniente dal lago di Garda, la famosa Ora del Garda, e dai venti più freddi che scendono dal Brennero, dalla Val di Non e dalle altre valli circostanti, che scontrandosi creano un micro clima tendenzialmente mite, perfetto per i vigneti, un tipo di coltivazione sulla quale nessuno, nel lontano 1975, avrebbe scommesso in quel particolare pezzo di terra.
Già, perché quando Mario Pojer e Fiorentino Sandri, i due titolari della cantina, iniziarono la loro avventura, era il 1975, nella zona di Faedo, a 600/700 mt. di altritudine, non vi era ombra di vigne, ma loro, con pochi soldi in tasca, addirittura prestati da genitori e nonni, e qualche idea in testa, ma di quelle buone, decisero di investire nel loro sogno.

La visita è iniziata nel vigneto accanto alla cantina, uno dei tanti sparsi tra le colline in sei comuni nella Val di Cembra, e Pojer ha voluto sottolineare fin da subito la loro filosofia, ovvero innovazione e natura, dove l’originalità è data da una tecnologia, quando si può utilizzare, al servizio della natura e dunque c’è un rispetto totale per il territorio, le piante, le stagioni, la natura e le regole del contadino.
La ricerca della purezza assoluta è alla base del loro modo di fare vino, tanto che, fin quando è possibile, non viene fatto nessun trattamento in campagna con diserbi o insetticidi, ma solo completa fiducia nella natura, nel sole e nei venti della montagna, che viene appunto ripagata con un’assenza totale delle classiche malattie della vigna.
Sempre nell’ordine di questa ideologia, tutti i lavori di potatura vengono fatti a mano, in modo da evitare la feritura e lo stress delle uve, e per lo stesso motivo i vigneti sono tutti inerbati, ovvero l’erba che cresce tra le pergole viene tagliata solo una, massimo due, volte all’anno, così meno macchine possibili entrano in contatto con le piante stesse.
La mia prima impressione, fin dall’inizio, è stata quella di trovarmi in una cantina dove l’uva, più che lavorata, venga coccolata, dalla vigna fino alla sua trasformazione in vino.
A confermare la mia teoria, l’invenzione di una macchina, la prima delle tante che abbiamo incontrato lungo il percorso di visita, che permette di lavare le uve dagli agenti atmosferici inquinanti e pestici, ma sempre con estrema delicatezza. Si tratta di una sorta di vasca idromassaggio per acini dove, tramite una soluzione citrica che gorgoglia, le uve vengono lavate, passate su un nastro, e quindi di nuovo spruzzate con la medesima soluzione, infine asciugate tramite getti di aria calda e una sorta di pedana vibrante che permette di eliminare le ultime gocce d’acqua. Insomma, una SPA per uve decisamente originale.
Proseguendo all’interno della cantina si scoprono altre invenzioni che quando furono create negli anni passati grazie anche a diverse collaborazioni con istituti di ricerca, resero Pojer e Sandri un’azienda veramente all’avanguardia e futuristica.
IMG_20160213_104123Una fra tante, ideata nel 2002 e brevettata a livello internazionale, è stata una macchina per la vinificazione in bianco che utilizza una tecnica di pressatura in atmosfera controllata che permette di arginare uno dei fenomeni peggiori per il vino, l’ossidazione. E i risultati ce li ha mostrati Mario Pojer mettendo a confronto due bottiglie di vino biano, una realizzata col loro metodo e una col metodo « classico » ; il primo risulta di un bel giallo chiaro, limpido, mentre nel secondo è evidente l’ossidazione.
L’elenco delle macchine da loro progettate e realizzate sembrava non finire mai, ad ogni passo, in ogni punto della cantina, c’era qualcosa che loro stessi hanno creato dal nulla, diraspapigiatrici, macchine per la follatura o per separare i vinaccioli dalle vinacce, e tutto per migliorare e personalizzare il loro prodotto, sempre mantenendolo il più naturale e puro possibile.
L’innovazione che incontra la tradizione, e in questo caso è proprio così, anche per quanto riguarda la distilleria.
Già, perché Pojer e Sandri non si limitano al vino ma da veri trentini, si occupano anche di distillare grappe, brandy e perché no ? Fanno pure l’aceto, giusto per non farsi mancare nulla !
IMG_20160213_105244Le grappe per i due amici trentini sono una tradizione tanto quanto il vino, infatti anche 40 anni fa; quando iniziarono, erano già provvisti di una piccola distilleria abusiva e, ovviamente, negli anni si sono perfezionati creando, anche in questo caso, macchinari appositi, mettendo insieme varie idee prese qua e là nei loro viaggi per cantine all’estero e rendendo automatizzato un procedimento che altrimenti sarebbe stato manuale e, quindi, sottoposto a possibili errori umani.
Non mi dilungherò poi nella spiegazione specifica della costruzione o del funzionamento delle varie macchine, basti sapere che tutte sono nate da una profonda voglia di distinguersi dalla massa, di creare prodotti naturali ma originali, dalla voglia di osare e mettere a frutto conoscenze e idee innovative.
La lunga chiacchierata tra botti e bottiglie è stata spesso intervallata da simpatici aneddoti di vita vissuta del signor Pojer ; impossibile non citare il racconto della « sciabolata con piuma », una vera e propria sciabolata, anche se di vino fermo e non frizzante, che avviene grazie ad uno scock termico e alla maestria dell’uso di una piuma…ma a descriverlo così si perde tutta la magia, per cui vi invito ad andare a guardare il video on line intitolato « Pojer e la piuma ».

Naturalmente la degna conclusione di questa mattinata non poteva che essere una degustazione nella sala superiore della cantina, una stanza arredata in tipico stile trentino, tutta in legno e circondati da bottiglie (vuote!) e foto d’epoca dei due « compari ».
La scelta di cosa bere è spettata a noi, nessuna imposizione, anzi, libero arbitrio di decidere cosa più stuzzicava la nostra curiosità, così, superato il primo imbarazzo, ci siamo lanciati con un primo bicchiere di Nosiola, una varietà tipica trentina che nel tempo è stata un po’ abbandonata e che invece Pojer e Sandri hanno voluto riportare alla ribalta, e a ragione a dire il vero perché, nonostante fosse un 2014, quindi l’annata più piovosa degli ultimi tempi, grazie al controllo della temperatura in cantina e alla tipica lavorazione in iper-riduzione, quindi in assenza di ossigeno, sono riusciti a ricavarne un vino molto profumato, sapido e dai chiari sentori trentini di mela.
Abbiamo poi proseguito con la scala dei vini aromatici e quindi con un Müller Thurgau, la varietà di uve con cui hanno iniziato la loro carriera vitivinicola, e poi un Traminer, molto aromatico, con un marcato sentore di rosa e di mela, decisamente piacevole.
Ma è stata la quarta scelta a soddisfare la nostra più profonda curiosità, infatti abbiamo chiesto di poter assaggiare lo Zero infinito, un progetto ben riuscito per un vino totalmente naturale, biologico e versatile anche nell’uso. Si tratta infatti di un vino col fondo, proprio perché non gli viene fatto nessun trattamento, neppure filtrato, di conseguenza si può decidere se berlo limpido, dunque versarlo mantenendo i residui in bottiglia, oppure « agitarlo prima dell’uso », renderlo più contadino e quindi berlo nella sua versione torbida.
In ogni caso un prodotto molto particolare, lievementee frizzante, leggermente aromatico, con uno spiccato sentore di fiori di sambuco ma di grande bevibilità dove lo zero sta per zero trattamenti in campagna e zero in cantina, quindi…zero infinito.

IMG_20160213_134303Dopo quattro vini bianchi abbiamo optato per un rosso riserva, il Pinot nero Rodel Pianezzi che, come tutti i rossi di loro produzione, fermenta in tini di legno secondo l’antico metodo utilizzato appunto per la fermentazione delle uve rosse, per poi proseguire in piccoli fusti di rovere e poi l’affinamento in bottiglia per 12 mesi.
Anche il Pinot, come tutti gli altri vini della cantina Pojer e Sandri, hanno anche un’altra particolarità…le loro etichette, riconoscibili ovunque perché molto particolari e, quando vennero elaborate circa quarant’anni fa, vennero considerate molto originali.
Si tratta infatti di etichette che riportano le incisioni e gli acquerelli di un artista rinascimentale tedesco, Albrecht Dürer, che durante la sua vita si recò svariate volte in Italia per imparare dai più grandi maestri dell’epoca e per giungere a Venezia era solito passare per Faedo. Famosi sono i paesaggi della Val di Cembra da lui dipinti, gli acquerelli utilizzati appunto per le bottiglie di vino riserva, le incisioni dello zampognaro per i vini classici o dei due contadini danzanti per gli spumanti, e anche per quanto riguarda il carattere della scrittura utilizzato, è basasto su uno studio grafico dei caratteri disegnati da Dürer.
L’arte che si avvicina il vino, il vino che diventa arte, un binomio molto usuale al giorno d’oggi ma che quarant’anni fa fu una vera rivoluzione.

Infine, o per meglio dire, dulcis in fondo, il signor Pojer non si è trattenuto dal farci degustare la loro più grande vittoria nonché soddisfazione, il Merlino, un vino nato nel 2004, dal nome che evoca magia perché effettivamente di questo si tratta.
Un vino unico nel suo genere, originale, ottenuto da mosto parzialmente fermentato di Lagrein con l’aggiunta di brandy, sempre di loro produzione, ottenuto da due varietà di uve, la schiava e il lagarino, che vanno a costituire un vino fortificato. Al naso come in bocca è un’esplosione di profumi e sapori, soprattutto di note fruttate e speziate, caldo, dolce, molto strutturato e fa 19 gradi ed è l’ideale per abbinamenti anche estremi, quindi con tutti i tipi di dolci ma anche alla cioccolata, dolci al cioccolato o al caffé, alimenti notoriamente difficili da accompagnare ad un vino, ma il Merlino riesce anche in questa magia.
In questo caso anche l’etichetta è particolare, riporta infatti due numeri, quello superiore è l’annata del Lagrein quello inferiore l’annata del brandy, con lo stile dei caratteri basati sullo studio di Dürer.

Insomma, una visita completa e soddisfacente (anche per il costo, dato che abbiamo speso solo 10 euro a testa!!!), una degustazione coi fiocchi e con tanto vista panoramica sulle montagne trentine e l’onore di aver conosciuto un enologo che ha rivoluzionato il mondo vitivinicolo da tanti punti di vista pur rimanendo sempre una persona umile.
IMG_20160213_125415Inoltre, dal coinvolgente racconto di Mario Pojer, che ci ha accolto dal primo momento con estrema disponibilità e simpatia, e per tutta la durata della visista e della degustazione, ho percepito fin da subito che si trattava sì di una storia di vini, ma soprattutto del racconto di un’amicizia, di quelle rare e lunghe una vita, una storia che ha preso il via da una passione profonda e che è proseguita quasi come una favola, a tratti commovente, e che ancora non si è conclusa, al contrario, ci sarà ancora molto da dire, da progettare e novità da degustare!

M.R.